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      Senza porre tempo di mezzo vennero suonate le campane a martello per sollecitare i cittadini ad accorrere prontamente al pericolo. E senza farsi attendere, una immensità di gente d’ogni età e condizione recossi in Polcevera, e arditamente affrontati i nemici, dopo corto combattere li respinse.
      Fra gente affollata, armata ed ardente, passato il pericolo, non potevano non riscaldarsi gli animi, rinfiammarsi le passioni; l’opera latente del nemico doveva operare.
      D’un tratto fu visto uscire fuori di sua casa, e correre per le vie un vilissimo uomo, per nome Gianstefano Noceto, bargello di professione, epperò assuefatto colla belletta della società. A costui si unì anco un Gianfrancesco Garbino, pescivendolo, per colmo di infamia anco un figlio del boia; uomini tutti sfrontati, di mala vita, insolentissimi. Andavano gridando essere giunto il tempo di castigare debitamente i traditori; avere i patrizi macchinato di dare il misero popolo in preda agli Austriaci, affinchè ne facessero aspra vendetta; doversi opprimere chi opprimere voleva, ne esservi altro modo di salvezza che questo. Dalla mala opera di que’ tristi suscitossi un gran tumulto. I plebei, a cui ballava in tasca la tedesca moneta, fra loro si accostarono, si confusero, concordemente gridarono: a palazzo, a palazzo! e a quella volta con prave intenzioni s’incamminarono. I furenti erano armati di pietre e di bastoni e di armi da essi rubate nella pubblica armeria, ma pur anco traevano seco un cannone per abbattere le imposte della sede del governo.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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