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      Mandava anco a Torino il barone di Plunker, il quale abboccatosi coi ministri del re li trovò che volevano bensì aiutare, ma con nuovo vil prezzo, oltre ai già pattuiti. Trovato il prezzo, non ebbe ad impiegare molta fatica a persuaderli.
      Dopo i soliti ragionamenti, si convenne fra le parti di fare uno spartimento della Repubblica. Genova doveva rimaner libera, ma soltanto come città anseatica, la riviera di Ponente doveva toccare a Carlo Emanuele, quella di Levante a Maria Teresa, eccettuato il golfo della Spezia ed il Sarzanese che sarebbero caduti in potere del Granduca di Toscana.
      Così Piemonte ed Austria facevano fra di loro il conto, il quale, come in appresso vedremo, ricorda l’antico proverbio che non occorre rammentare.
      Tosto, comandati dal conte Cacherano della Rocca, partirono alla volta del campo austriaco dodici battaglioni di fanteria con altre milizie, e la proporzionale accompagnatura di cannoni. A Sestri cacciarono Anfrano Sauli ed il capitano Barbarossa, lodatissimi guerrieri, i quali avevano in que’ luoghi dato prove di straordinario valore. Non potendo i due Repubblicani reggere all’impeto del nemico di molto più grosso, si ritrassero ai monti verso Masone per inquietarlo da quelle balze quanto più potessero.
      Le fazioni militari si accalorarono. Dalla parte del Bisagno gli Austriaci tentarono parecchi assalti, ma con esito infelice; imperocchè quelle intrepide popolazioni, confortate anche da qualche compagnia di soldati regolari di Francia, Spagna e Genova, valorosissimamente sostennero i vari scontri.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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