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      Anco la Signorìa mostrava animo pari al pericolo. Mandava alla Madonna del Monte gran numero di popolo e di villani guidati dai patrizi Giambattista Saluzzo, Stefano Lomellino, Gianfrancesco Dongo. Colla loro attività e col loro coraggio que’ patrizi assai danni arrecarono agli Austriaci, specialmente il Dongo, il quale, lasciato l’abito ecclesiastico, onninamente si adoperò nella patria causa.
      Nel movimento universale prodotto dalla prossimità del nemico, gli ecclesiastici, che del Vaticano non seguivano le massime, mostraronsi sublimi nel loro cómpito di carità patria, degni di essere tramandati pel ministerio delle lettere alla memoria degli uomini. Si armarono in gran numero, ed armati si condussero a custodire notte e giorno la muraglia della minacciata parte; ed in tali pietosi esercizi continuarono, finchè durò il bisogno, mai venendo in loro meno l’ardore. Monsignore Saporiti, arcivescovo di Genova, spinto anch’esso dallo zelo medesimo, andò a farne la rivista là dov’erano accampati alle palizzate del Bisagno, e i fatti succedentisi non diceva opera umana, ma giustizia del Signore.
      Tutto s’infervorava, nè la lunghezza del tempo attediava gli animi o stancava i corpi. Le donne ed i fanciulli, cui uguale amore per la Repubblica, ma non uguali forze potevano impiegare, si adoperavano volonterosissimi nell’aiutare i più robusti ed intrepidi uomini alle fortificazioni con portar ceste, terra, fascine, zappe ed ogni altro oggetto o strumento atto a procurare sicurezza. Onde forti e deboli, armati e inermi, ricchi e poveri, secolari ed ecclesiastici tutti pagavano il debito loro alla dolce madre che avevali allevati e nutriti.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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