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      — E Balilla il generoso popolano? ci domanderanno i nostri lettori nell’accomiatarci da loro.
      La storia tace di lui dopo aver narrato il suo atto eroico; anco la tradizione sembra averne perduta la traccia. I Bisagnini narrano che un pietoso romito nella seconda metà del secolo XVIII vivesse nella loro valle e che colle sue opere continuate di santità avesse saputo acquistarsi l’amore di tutti. Non aveva stabile dimora, or nell’uno or nell’altro eremo che dal Bisagno alla Cervara trovavasi, riposava. Pallido il viso, il dolore gli aveva travagliato la fronte di profondi solchi, e gli pendeva incolta sul petto la barba precocemente canuta. Era consiglio e conforto in quelle valli dove la riverenza e l’affetto lo facevano santo. Sugli ultimi anni lo aveva raccolto la solitudine dove fu prigione il re cavalleresco, e di là scendeva a Camogli per le provvisioni che domandava alla carità. Per alcuni giorni non fu veduto, e i terrazzani, inquieti per la di lui vita, salirono a cercarlo. Lo trovarono inginocchiato sull’ignuda terra nell’atto di chi prega. L’anima aveva spezzate le sue catene ed erasi liberata dal carcere umano. Sotto al cilicio che gli tormentava le carni trovarono un medaglione d’argento con inciso da un lato la data 5 dicembre 1746, dall’altra un nome di donna. L’amata reliquia fu sepolta con lui nella badia di San Fruttuoso, e avvegnachè nessuno sapesse il nome del santo vecchio, sulla pietra del suo sepolcro scrissero il nome e la data del medaglione.
      L’innominato romito era Giovanni Balilla, il popolano iniziatore della grande rivoluzione genovese.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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