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      Le schiere tutte procedevano in bell’ordine, facendo pompa dei loro vessilli che sventolavano festosi, o delle azzurre coccarde di cui adornavansi il petto; ciascuno aveva anche un ramoscello di quercia, simboleggiante la propria forza civile. Quelle schiere erano sempre precedute e regolate da un capo-squadra e da parecchie guide, le quali si adoperavano meravigliosamente perchè i movimenti delle schiere medesime si eseguissero con regolare e ben intesa prontezza. Venivano quindi i capitani di mare sulle cui fronti abbronzite brillava il raggio del sentimento cittadino, i marinai gagliardissimi, i cultori delle belle arti, i facchini, gli artigiani, confusi tra loro. Nè vuolsi dimenticare che era gratissimo lo scorgere un numeroso drappello di piemontesi, tutti disposti in ordine mirabile, facenti sventolare i loro rossi vessilli con bianca croce, capitanati da un signore piemontese, il quale, in segno di gentilezza veramente cordiale ed accettissima, recava un magnifico stendardo genovese.
      Il numero delle persone componenti la processione era di oltre a trentamila.
      La comitiva, partendo dall’Acquasola, percorreva le strade Nuove, via Balbi, San Tomaso, ecc. e bello era il vedere le finestre d’ogni palazzo, d’ogni casa adorne di arazzi, apparamenti, bandiere, e da queste stesse finestre bello lo scorgere persone che facevano sventolare i loro bianchi fazzoletti in segno di evviva, di esultanza. Il corteggio, devoto al programma, procedeva composto a gravità religiosa, silenziosa, tranquilla; a quando a quando quel silenzio era interrotto dai lieti suoni di molti civici concerti, alcuni dei quali erano stati inviati dalle vicine città e vicini paesi della Liguria.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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