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      La folla del popolo, accorso anco dalle due riviere, era immensa; stipava ogni via, accalcavasi per ogni dove, applaudiva, esultava per tutto, e da per tutto ordine ed armonia scorgevansi; quell’ordine e quella ben intesa armonia, la quale è prova di incivilimento e di progresso.
      Intanto il solenne corteo ascendeva il monte di Oregina. Appena il venerato stendardo del 1746 toccò le soglie della chiesa sacra a Maria fu intuonato solenne Te Deum che quelle moltitudini cantarono con tutta l’enfasi di cui è capace chi è animato dall’amore della patria, dalla religione. Dopo di che, inginocchiatisi gli astanti, fu data la benedizione del Venerabile. E qui si aprì una nuova scena quanto altra mai commoventissima e grande. L’egregio abate di San Matteo, Pio Nepomuceno Doria, collocatosi al sommo della gradinata del tempio, con intorno un corteggio di frati, preti e cittadini, benediceva ai vessilli che i passanti abbassavano dinanzi a lui, mentre quello del 1746 gli stava al fianco come simbolo della memoranda vittoria e dello splendido festeggiamento. Il verde degli allori, l’affluenza straordinaria del popolo, i suoni dei musicali istrumenti facevano di quel colle un luogo di magico incanto; ma la commossa persona dell’abate, sulla cui mitra dorata il sole vibrava i suoi raggi, in quell’atto maestoso e solenne, riempiva l’anima di profondo rispetto e di religiosa compunzione. E sfilava, sfilava il corteggio dinanzi all’ abate; e, sciolto il voto, intuonavasi da tutti l’inno popolare: «Sorgete Italiani - A vita novella». Fra i suoi evviva e i suoi canti e la sua ebbrezza indicibile, il corteggio schiudeva pure il cuore alla carità; imperocchè nell’attraversare la villa Elena, gentilmente aperta dall’egregio proprietario, offeriva a quattro distinte signore, collocate all’ingresso e all’uscita della villa anzidetta, una obblazione generosissima pel cugino del valoroso Balilla, pei poveri della città e per una cadente vecchia, dimorante in Oregina, la quale rammentava alcuni fatti della popolare vittoria del 1746. Attraversata la villa Elena, la comitiva, sempre in ordine ammirabile, discendeva dal piano di Rocca, mentre dal soprastante colle di Pietraminuta udivansi continuati spari di mortaretti, i quali accrescevano notabilmente la comune festività. Sboccato il corteggio sulla piazza dell’Annunziata, gremita di gente, inoltravasi in via Carlo Alberto, San Lorenzo, Carlo Felice, via Giulia, e finalmente nella gloriosa strada di Portoria, ove non è a dire quante persone si fossero adunate.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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