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      Due de' più animosi e destri erano alla vedetta, e appena vedevano fiammeggiare il cannone, gridavano: La viene! e gli altri che stavano in sull'avviso, raccosciavansi un istante, poi rimbalzavano più alacri in piedi rispondendo al tuono delle cannonate con un Viva l'Italia, e collo sparo de' moschetti. Nè i feriti degnavansi turbare coi lamenti quella festa di guerra: ed uno a cui una scaglia portò via il braccio sinistro, si resse un istante in piedi, scaricò il fucile col braccio destro, e cadde gridando: Viva! mi resta un braccio per la spada; mi faranno capitano! Poco dopo era sepolto. Quasi nel tempo stesso lo scoppio d'una bomba levò di mano il martello ad un artiere, che stava in sul torrione interno a non so quali lavori, e il valent'uomo, senza mutarsi in viso, afferra un frammento della bomba, e s'ingegna a pur ripicchiare con quell'informe arnese, dicendo: Mi han tolto il martello di bottega, e mi han dato quello di guerra. Un altro, a cui una palla da fucile avea forato una coscia, sorridendo guardavasi la ferita, e diceva: Ih! che bel buco! ma io non voglio lasciar il ballo per questa miseria: e bisognò portarlo di forza all'ospitale.
      Ciò che non si potè fare con un giovane a cui era entrata nelle carni una palla morta, il quale confortato ad aversi cura e a ritirarsi, sclamava argutamente: Come? Ora che io son maschio mezza volta più di voi? E fattosi levare la palla rimase al suo posto. Dopo la prova di un'ora e assalitori e assaliti compresero che le artiglierie facevano più fracasso che danno: e però scemava la baldanza degli uni, e cresceva negli altri l'ardimento: i quali veggendo languire il fuoco del cannone di Nugent, chiesero di sortire e di correre sui nemici.


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Il martirio di Brescia.
Narrazione documentata
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 125

   





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