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      Ma lo Speri, che aveva occhio sicuro, da più indizi era stato condotto a pensare che quella peritanza dei nemici non fosse altro che un'astuzia per tenere i nostri lontani dalle mura, e averne buon mercato in rasa campagna. E però ne avvisò i suoi, confortandoli a rimanersi dietro le barricate, ove non poteva nè l'arte, nè la forza dei nemici. A molti parve, che insidia o non insidia, si dovesse uscire, dacchè prosperamente si era combattuto anche il giorno innanzi all'aperto. Per cui, contro le preghiere e i comandi di Speri e d'altri influenti uomini, tumultuariamente sortirono, caricando gli avamposti nemici, e respingendoli fin verso san Francesco di Paola.
      Nugent li lasciò fare, perocchè voleva che si cacciassero innanzi e dessero nella rete che egli aveva tesa con molta arte, disponendo due grandi catene l'una verso il piano, l'altra in sui colli, e imponendo ai soldati che diligentemente s'acquattassero per le fosse, nelle case, dietro i muriccioli e sotto i vigneti. Oltre di che aveva imboscato tra due colline un mezzo battaglione di fanteria, che a un dato segno doveva irruire di fianco o alle spalle dei Bresciani. Ora quando le prime bande dei cittadini ebbero contro gli ordini dato dentro, non parve agli altri di doverle abbandonare; e perciò fatte due grosse squadre, l'una fiancheggiando a sinistra, sotto il comando dello Speri, salì pei Ronchi, l'altra, sotto quello di Antonio Bosi, rimase come retroguardo e riserva ad impedire che gli Austriaci, stesi dal lato della pianura, circuissero i Bresciani ed occupassero la strada.


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Il martirio di Brescia.
Narrazione documentata
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 125

   





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