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      Lungo tutta la linea cominciò allora il fuoco assai vivamente; e i cittadini con tanto impeto si scagliarono sugli Austriaci, che presto la ritirata di costoro non fu più simulata. Di che Nugent, ammirato e sdegnoso, veggendosi in sul punto d'essere ricacciato là, dove due giorni innanzi aveva con tanta durezza accolti i messi del municipio e posto loro termine quattro ore a pentirsi e a chiedere mercè, si trasse avanti ad incuorare i soldati: e mentre stava accennando che si avanzasse un cannone e si puntasse contro gl'infuriati Bresciani, cadde ferito d'un colpo che in pochi giorni lo trasse a morte(8).
      Gli Austriaci, portando seco il ferito generale, abbandonarono san Francesco; e i nostri ad inseguirli gridando: Avanti, avanti, a sant'Eufemia! Viva l'Italia! La Vittoria è nostra! E sì forte e sì concorde era il grido, e tanto l'impeto, che nè lo Speri, nè gli altri in influenti valsero per ragione o per autorità a dissuadere o fermare quella mossa dissennata.
      Narrasi anzi che lo Speri, veduta l'impossibilità dell'impresa, e veduto inutile il sacrificio de' suoi, ordinava alla colonna di ritirarsi verso la città. Se non che taluni, dominati da disperato coraggio, insistevano perché non si dovesse lasciar posa al nemico, e tacciavano di vile il loro capo, e lo dicevano indegno di guidarli, ove non avesse abbracciato il partito d'inseguire il nemico. Un tale rimprovero, quantunque immeritato, ridestava un incendio in quell'intrepido cuore giovanile, e soffocava in lui ogni calcolo della mente; per cui, alzata la spada, seguitemi, sclamò, e senza badare che pochissimi uomini si mostravano determinati a quel sacrificio, si lanciava alla loro testa sulla falange austriaca.


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Il martirio di Brescia.
Narrazione documentata
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 125

   





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