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      Gli Austriaci accolsero i nostri con piglio oltre dire superbo; e, fatto mostra di credere che Brescia volesse capitolare, senza dar luogo ad alcuna parola per parte de' parlamentari, concessero un'ora sola a mandare qualcuno, che legalmente rappresentasse la città, e ritennero in ostaggio un degno sacerdote, che era venuto agli avamposti coi parlamentari. Preso quel tempo, gli Austriaci, contro ogni fede o ogni legge di guerra, si trassero fin sotto la porta, e cacciatosi avanti il prete, senza guardare se fosse o no scoccata l'ora pattuita, vennero a più stretto contatto e deliberato assalto; e per crescere confusione e terrore, misero in fiamme molte case in sui Ronchi. A quella vista i Bresciani, irritati oltremodo, strappavano la bandiera di pace, e, calpestatala nel fango, gridavano di volere piuttosto seppellirsi colle donne e coi figli loro sotto le rovine della città, che comportare siffatto vituperio. E appunto mentre l'affollato popolo consigliavasi confusamente come pigliare vendetta dell'insulto, una grossa bomba scoppiò quasi in sulla piazza; e alcuno afferratone il più grosso frammento, recollo in mezzo; e su di esso, come sul Vangelo, tutti stesero a gara la mano, consacrando così in modo guerriero il giuramento di morire anzi che cedere.
      Del qual atto, scrive il Correnti, tanto fu la nobile fierezza e l'umanità, che molti, come a religioso spettacolo, s'inginocchiarono, e molti piangevano di tenerezza.
      Di repente il grido: Alle porte! Alla sortita! Sorse di mezzo alla moltitudine; e moltissimi a quella voce aggiunsero l'atto, precipitandosi fuori la porta.


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Il martirio di Brescia.
Narrazione documentata
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 125

   





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