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      Pervenuti i commissari al castello, furono messi dentro e condotti di mezzo a due file di ufficiali, che non si astennero punto dal minacciarli, fino ad un salotto, ove l'Haynau coi maggiorenti dell'esercito li stava attendendo.
      Parlò uno dei commissari, narrando i fatti come erano corsi, e la città lasciata in propria balia, e gli impedimenti posti al valido ordinamento d'una guardia civica, e gli ordini avuti dal Ministero Sardo, e il debito di fede che stringeva la città per voto solenne al regno dell'Alta Italia, e infine le notizie della guerra e i patti dell'armistizio, che volevano sgombra la Lombardia dagli Austriaci: in così dire offerse copia dell'atto al tenente maresciallo, il quale con un ghigno feroce rispondeva: saper tutto, essere informato di ogni cosa, ma non voler parlare di questo; doversi parlare soltanto della resa ch'egli aveva intimata alla città pel mezzogiorno. Erano allora presso ad undici ore. I commissari come ne avevano ordine, chiesero 48 ore di tempo per meglio chiarire i fatti, protestando pur sempre che se un armistizio era stato firmato, doveva intendervisi compresa anche Brescia, e che se contro i patti, o senza dar altre soddisfazioni, gli Austriaci avessero attaccato quel dì stesso, di fermo la città si sarebbe difesa fino agli estremi. Ripeteva l'Haynau, quasi per fuggire dall'argomento dell'armistizio: Ho detto a mezzogiorno, ho detto a mezzogiorno! E gli altri a dimostrargli che mezzogiorno era tanto vicino, che appena rimaneva tempo a notificare di nuovo quel suo ultimato ai cittadini.


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Il martirio di Brescia.
Narrazione documentata
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 125

   





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