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      Ma l'Haynau non diè segno alcuno che il valore, la sventura e l'aperta giustizia della causa avessero ammollito la sua ferocia; sicchè parve piuttosto aver l'animo di vendicarsi che a vincere e a governare.
      Quel lunedì, quasi per sopraggravare i dolori dei Bresciani, la Jena mandò fuori un bando con cui multava la provincia di sei milioni di lire, e la città, due volte ribelle, d'una tassa di trecento mila lire destinate a compenso e premio degli ufficiali. Poi il comando della città affidò al tenente maresciallo Appel, il quale alle due pomeridiane entrò in Brescia alla testa del terzo corpo di armata, composto di venti battaglioni con cavalleria e cannoni, borioso di essere stato vincitore a Novara, e chiedente con ansia che quella sua gloria gli fosse pagata in licenza ed in sangue!
      Il Sangervasio ed i suoi due assistenti accorsero a lui, sebbene non fosse senza loro pericolo, e modestamente ricordarono all'Appel, essersi la città data sotto fede che si sarebbero rispettati gl'imbelli, i rassegnati e gli inermi; epperò pregavano che si frenasse la licenza militare, che le porte e le vie della città si liberassero ai commerci, e che anche nel punire non si procedesse più a capriccio e a furore de' soldaiti. Aspramente rispose Appel: "Non essere tempo di misurati consigli, ma di rigida giustizia; i municipali non a parlar di patti e a muover querele, ma pensassero invece a dargli in mano i capi-popolo, o a denunciarglieli; a far subito sparire ogni traccia delle infami barricate, a riaprir le botteghe, a rassettare il selciato.


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Il martirio di Brescia.
Narrazione documentata
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 125

   





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