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      Dopo la caduta di Vicenza, Radetzky riceveva altro messaggio da Vienna, mediante il quale veniva avvisato, rimanesse in Italia se tal fosse la sua mente, avendo il governo imbrigliato la rivolta. Ond'ei diresse una parte delle sue truppe a Padova e a Treviso ed il rimanente a Verona, mettendosi egli stesso alla testa dell'avanguardo di 8,000 uomini.
      Padova era munita di dieciotto pezzi d'artiglieria e di una guarnigione di 5,000 volontari romani. Al Ferrari, lor generale, richiamato in Roma, era stato surrogato il colonnello Bartolucci. Scarse le munizioni di guerra pei fanti; non più che cento colpi a mitraglia per ogni cannone; nessuna speranza di soccorso; imperocchè, il solo che avrebbe potuto darne, il generale Guglielmo Pepe, allora a Rovigo ed avente il suo avanguardo a Monselice, opinava non doversi esporre le truppe ad una resistenza inutile di pochi giorni, ed egli ritiravasi su Venezia per ivi attendere gli avvenimenti della guerra. Il comitato di difesa della città, per civico amore, fe' opposizione vivissima alla ritirata e la protrasse sino all'estremo momento, in cui il nemico era quasi alle porte. Batteva il tocco dopo la mezzanotte, e il partire, cotanto differito, fu tumultuoso e disordinato. In un istante così supremo, per manco di cavalli di traino, fu giuocoforza abbandonare in Padova molti carreggi e tutte le artiglierie che guarnivano le mura. Il Bartolucci, prima di muovere, avvisava il colonnello Pianciani, partisse da Badia colla guarnigione e si imbarcasse sul Po per Venezia.


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I toscani a Curtatone e a Montanara (1848)
Notizie storiche
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 145

   





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