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      E il Re, che leggeva cotali cose, se ne accorava, e chiedeva a' suoi il mezzo efficace per escire da tanta ambage e accontentare tutti.
      Carlo Alberto era debole ed incapace di far tacere la calunnia, di disciplinare un esercito, di maneggiare memorande fazioni di guerra; egli non aveva che l'eroico coraggio individuale della sua razza, e si teneva nel campo come esempio di fede nella giustizia della nostra causa, come confutazione vivente agli oltraggi prodigatigli da chi aveva in mano la penna, non lo schioppo e la spada. Il torto del principe era quello di non aver mai saputo cogliere profitto dalla vittoria; e i replicati falli avevano perduto la Venezia e lui costretto a difesa con un esercito non bene ordinato.
      Il Re volle rispondere alla volontà dei molti e cacciarsi con imprudenza in qualunque avventata fazione. Egli pensò in sulle prime di attaccare Verona dalle eminenze sulla riva sinistra dell'Adige; quindi preferì una marcia offensiva verso Legnago; in ultimo si decise per l'assedio di Mantova, anco per tranquillare gli animi delle popolazioni modenesi e parmensi, e far contenti coloro che volevano si agisse ad ogni costo.
      Allo spuntare dell'alba del giorno 13 luglio, Carlo Alberto poneva in movimento i battaglioni. La divisione Ferrere, la divisione delle nuove truppe lombarde, sotto gli ordini del generale Perrone, i bersaglieri, ed i volontari di Griffini e di Longoni si dirigevano per Belfiore. Giunte queste truppe sotto al tiro del cannone, gli zappatori del genio tagliavano tosto la strada, e cominciavano ad innalzare trincee.


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I toscani a Curtatone e a Montanara (1848)
Notizie storiche
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 145

   





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