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      Que' che assentivano o si opponevano a' divisati patti, partirono. Rimase solo col Re il general Fanti, il quale esponeva l'impossibilità di tenere la campagna più oltre. Fu stabilito che i Piemontesi si ritirassero entro due giorni oltre il Ticino; che Peschiera, Piacenza ed ogni altro luogo occupato dalle truppe sarde sarebbero consegnati alle I. R. truppe; che Milano sarebbe risparmiata, rispettandone le persone e le proprietà; e che chiunque volesse emigrarne, avrebbe avuto l'agio sino a ventiquattr'ore dopo l'ingresso degli Austriaci in città.
      L'infausto avvenimento saputosi bentosto per qualcuno del municipio - cui i patti non si eran tenuti celati - produsse grande fermento. Due infelici, ch'ebbero la sventura di parlarne in pubblico sulle vie, gridati traditori ed austriaci, vennero incontanente sbranati. Un tal Montignani, amministratore del diario compilato dal Mazzini, sarebbe stato morto del pari, se un amico che passava, noto per fede repubblicana, non lo faceva salvo. Il general Fanti, che, escito dal palazzo Greppi, erasi diretto a quello Nazionale ove siedeva il quartiere supremo delle truppe e delle milizie civili, trovatolo deserto, avviavasi verso la piazza di San Fedele, quando una turba di popolo assalivalo da ogni banda, e minacciandolo colle baionette e co' coltelli, tentò gittarlo giù da cavallo. Il prode ed incolpabile soldato non aveva a difesa che la serenità della propria coscienza; il sentimento della dignità d'uomo offesa gli contraeva leggermente il viso; alcuni che il riconobbero, lo chiarirono per quell'uomo che era, e lo conducevano al palazzo del Marino, ove trovavansi Pompeo Litta, l'Anelli, il Giulini ed il Clerici.


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I toscani a Curtatone e a Montanara (1848)
Notizie storiche
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1863 pagine 145

   





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