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      Entrarono al Fossati, come nei giorni di festa, ma partirono di buon'ora, e non si divertirono molto. Il giovine pensava che tutta quella gente lì ci sarebbe tornata altre volte e avrebbe trovato la Principessa - ella, che non avrebbe più visto Paolo fra tutta quella gente. Solevano bere la birra in un caffeuzzo al Foro Bonaparte; Paolo amava quella gran piazza per la quale avea passeggiato tante volte, nelle sere di estate, colla sua Principessa sotto il braccio.
      Da lontano s'udiva la musica del caffè Gnocchi, e si vedevano illuminate le finestre rotonde del Teatro Dal Verme. Di tratto in tratto, lungo la via oscura, formicolavano dei lumi e della gente dinanzi i caffè e le birrerie. Le stelle sembravano tremolare in un azzurro cupo e profondo; qua e là, nel buio dei viali e fra mezzo agli alberi, luccicava una punta di gas, davanti alla quale passavano a due a due delle ombre nere e tacite. Paolo pensava: - Ecco l'ultima sera! -
      S'erano messi a sedere lontano dalla folla, nel cantuccio meno illuminato, volgendo le spalle ad una controspalliera di arbusti rachitici piantati in vecchie botti di petrolio; la Principessa strappò due fogliuzze e ne diede una a Paolo - altre volte si sarebbe messa a ridere. - Venne un cieco che strimpellava un intero repertorio sulla chitarra; Paolo gli diede tutti i soldoni che aveva in tasca.
      Si rividero un'ultima volta alla stazione, al momento della partenza, nell'ora amara dell'addio affrettato, distratto, senza pudore, senza espansione e senza poesia, fra la ressa, l'indifferenza, il frastuono e la folla della partenza.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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