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      Non si seppe spiegare come lui avesse potuto conoscere la Lina, farle la corte, e sposarla; - era l'unico torto in trent'anni che Damone avesse fatto al suo Pitia.
      Ma alla fin fine non era stato un torto nemmen quello. Pitia-Donati sulle prime avea tenuto il broncio al suo Damone-Corsi, è vero, ma il broncio non era durato una settimana. Lina era tale ragazza che si sarebbe fatta voler bene da un orso, e Donati poi non era un orso; ella sapeva quali gelosie dovesse disarmare, e col suo dolce sorriso e le sue maniere gentili e carezzevoli s'era messa tranquillamente nell'intimità dei due amici come un ramoscello d'ellera, invece di ficcarcisi come un cuneo.
      In capo ad alcuni mesi erano tre amici invece di due, ecco tutto il cambiamento. Donati sapeva d'avere anche una sorella oltre il fratello, e Corsi lo sapeva meglio di lui. Di tutto quello che immaginate, e che avvenne difatti, non c'era neppur l'ombra del sospetto nella mente di alcuno dei tre - altrimenti la storia che vi racconto non avrebbe avuto nulla di singolare.
      Più singolare ancora è che questo stato di cose sia durato otto anni, e avrebbe potuto durare anche indefinitamente. Da principio nelle manifestazioni dell'amicizia, della gran simpatia che sentivano l'un per l'altro Donati e Lina, c'era stato un leggiero imbarazzo, forse causato dal timore che potessero essere male interpretate; poi l'abitudine, la lealtà dei loro cuori, la purezza istessa di quei sentimenti, li avevano resi più espansivi, più schietti, e più fiduciosi.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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