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      ”. La parola più affettuosa, la lingua più dolce del mondo, non avrebbero potuto riprodurre l'eloquenza di quel sorriso; il pensatore più eminente, o l'uomo di mondo più spensierato, non avrebbe potuto analizzare quel sentimento che irrompeva improvviso in un'occhiata, fra due persone che s'incontravano in mezzo alla folla, come due viaggiatori che partono per opposte direzioni s'incontrano in una stazione, l'una accanto ad uomo che amava forse ancora, l'altro che avea visto il braccio di lei sull'òmero di quell'uomo. Due o tre volte ella si rivolse a guardarmi collo stesso sorriso, ed io la seguii, senza sapere io stesso dietro a quale lusinga corressi. La folla me la fece perdere di vista; la cercai inutilmente nel ridotto, pei corridoi, nel caffè, in platea, da Canetta, in quei palchi che potei passare in rassegna, dappertutto.
      Avevo la febbre di uno strano desiderio; divoravo cogli occhi tutti i dominò bianchi, tutte le vesti che avessero ondulazioni graziose. A un tratto me la vidi improvvisamente dinanzi, o piuttosto incontrai il suo sguardo che mi cercava. Io dava il braccio ad una donna che rivedevo quella sera dopo lungo tempo. Nello sguardo dell'incognita c'era una muta interrogazione; ella mi sorrise di nuovo; non potei far altro che mandarle un saluto mentre mi passava accanto; ella si voltò vivamente, mi lanciò a bruciapelo uno sguardo ed un sorriso e ripeté: - Addio! - Non dimenticherò mai più quella voce e quell'accento!
      Non la vidi più. Rimasi a digerire il mio dispetto e il cicaleccio della mia compagna.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





Canetta