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      Evidentemente costei che l'aveva vinto con la burla più grossolana del mondo era più forte di lui; sapeva che sarebbe bastato un nonnulla, un cattivo scherzo, per insinuarglisi tutta nelle fibre come una spina, impadronirsene, metterlo sossopra, e agitarlo co' suoi menomi capricci.
      Dopo che la Dal Colle si era data la soddisfazione di quella piccola vendetta da donna, sembrava non pensasse più ad Assanti, e si lasciava fare la corte da un certo barone Ciriani, il quale passava per un don Giovanni, inclusa la bravura e la fortuna di duellista; ora ad Assanti sembrava che la Dal Colle in quel lasciarsi corteggiare, così sotto i suoi occhi, ci mettesse dell'ostentazione, e questo lo seccava assai.
      La furba sapeva al certo che si può fare a fidanza, toccando certi tasti, colla semplicità mascolina, s'avesse a fare coll'uomo più avveduto di questo mondo. Era bastata la lusinga più lontana, più sciocca, più inverosimile, perché Assanti si montasse la testa a poco a poco, sino a credere che i successi ottenuti dal Ciriani fossero rubati a lui, e che la civetteria di lei fosse un torto che gli si faceva. Il brillante giovanotto era ridotto alla più grulla figura possibile; cominciava ad accorgersene anche lui, ciò aumentava la sua stizza, e un dispetto ne chiamava un altro, sino a fargli perdere la tramontana; sicché alla sua volta intraprese contro il Ciriani un sistema di ostilità così poco velate, e di provocazione così diretta, che non ci volle meno di tutta l'abilità della donna per scongiurare il pericolo di un serio guaio.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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