Pagina (55/993)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      - gli disse con un sorriso intraducibile. - Si direbbe che l'abisso mi chiama -.
     
     
      II.
     
      Il pranzo era stato eccellente; non per nulla il signor Giordano preferiva la campana del desinare alle leggende del Castello. Verso le undici alla villa si pestava sul piano, si saltava nel salotto e si giuocava a carte nelle altre stanze. La signora Matilde era andata a prendere una boccata d'aria in giardino, e s'era dimenticata di una polca che aveva promessa al signor Luciano, il quale la cercava da mezz'ora.
      - Alfine! - le disse scorgendola. - E la nostra polca?
      - Ci tiene proprio?
      - Molto.
      - Se la lasciassimo lì?
      - Povera polca!
      - Francamente, sa... Ella racconta così bene certe storie, che non l'avrei creduto un ballerino cotanto arrabbiato...
      - Ci crede dunque alle storie?
      - Ma... secondo il quarto d'ora -.
      Il silenzio era profondo; il vento cacciava le nuvole rapidamente, e di tanto in tanto faceva stormire gli alberi del giardino; il cielo era inargentato a strappi; le ombre sembravano inseguirsi sulla terra illuminata dalla luna, e il mormorio del mare e quel sussurrio delle foglie, sommesso, ad intervalli, a quell'ora aveano un non so che di misterioso. La signora Matilde volse gli occhi qua e là, in aria distratta, e li posò sulla mole nera e gigantesca del castello che disegnavasi con profili fantastici su quel fondo cangiante ad ogni momento. La luce e le ombre si alternavano rapidamente sulle rovine, e un arbusto che avea messo radici sul più alto rivellino, agitavasi di tanto in tanto, come un grottesco fantasma che s'inchinasse verso l'abisso.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





Giordano Castello Matilde Luciano Matilde