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      - Mi pare d'essere a Tebidi, - diceva Mara, - quando eravamo piccoli, e stavamo sul ponticello della viottola -.
      Jeli si rammentava di ogni cosa anche lui, sebbene non dicesse nulla, perché era stato sempre un ragazzo giudizioso e di poche parole.
      Finita la raccolta, alla vigilia della partenza, Mara venne a salutare il giovanotto, nel tempo che ei stava facendo la ricotta, ed era tutto intento a raccogliere il siero colla cazza.
      - Ora ti dico addio, - gli disse ella, - poiché domani torniamo a Vizzini.
      - Come sono andate le fave?
      - Male sono andate! la lupa le ha mangiate tutte, quest'anno.
      - Dipende dalla pioggia che è stata scarsa, - disse Jeli. - Figurati che si è dovuto uccidere anche le agnelle perché non avevano da mangiare; su tutta la Salonia non venne tre dita di erba.
      - Ma a te poco te ne importa. Il salario l'hai sempre, buona o mal'annata!
      - Sì, è vero, - disse lui; - ma mi rincresce dare quelle povere bestie in mano al beccaio.
      - Ti ricordi quando sei venuto per la festa di San Giovanni, ed eri rimasto senza padrone?
      - Sì, me lo ricordo.
      - Fu mio padre che ti allogò qui, da massaro Neri.
      - E tu perché non l'hai sposato il figlio di massaro Neri?
      - Perché non c'era la volontà di Dio. - Mio padre è stato sfortunato, - riprese di lì a poco. - Dacché ce ne siamo andati a Marineo ogni cosa ci è riuscita male. La fava, il seminato, quel pezzetto di vigna che ci abbiamo lassù. Poi, mio fratello è partito soldato, e ci è morta pure una mula che valeva quarant'onze.
      - Lo so, - rispose Jeli, - la mula baia!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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