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      Quanto tempo è trascorso? Quanto è lontano ormai quel paesetto? Ora il carrozzino postale vi porta la sola cosa viva che rimanga di tanta festa, sotto un francobollo da venti centesimi. E una farfalletta bianca s'affatica a svolazzare su pel viale immaginario, fra i rami dei castagni d'India, aspirando forse alle cime troppo alte per le sue alucce.
      Così quella donna che viene ogni giorno a passeggiare pel viale, e aspetta, e torna a rileggere un foglio spiegazzato che trae di tasca, e guarda ansiosa di qua e di là ad ogni passo che faccia scricchiolare la sabbia, rizzando il capo con tal moto che sembra vederle brillare tutta l'anima negli occhi. Ogni tanto si ferma sotto un albero colle braccia penzoloni e l'atteggiamento stanco. Anch'essa andò a chiedere trepidante quella lettera al postino che ne scorreva un fascio sbadigliando. Ora legge e rilegge la parola luminosa che ci dev'essere per rischiarare l'ombra uggiosa di quel viale, per ravvivare il verde di quegli alberi che le sono passati dinanzi agli occhi con mille gradazioni di tinte nelle desolate ore d'attesa. L'organetto che suonava il mattino gaio, in qualche osteria del sobborgo, e le cantava in cuore tutte le liete promesse della speranza, torna a passare collo stesso motivo già velato dalla mestizia della sera. Gli amanti che si tengono per mano in mezzo a quella festa d'azzurro e di verde, si voltano ridendo al vederla aspettare ancora, sola, vestita di nero. La sera giunge, e l'ombra s'allunga malinconica.
      A quell'ora, ogni giorno, suol passare uno sconosciuto alto e pallido, coll'andatura svogliata e l'occhio vagabondo di chi voglia ingannare l'ora del pranzo.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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