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      Tonino allora salutò la compagnia.
      - Torna a casa, va, ragazzo! Se no la Barberina ti dà le sculacciate! - gli gridavano dietro.
      - Dacché è stato a San Fedele quel ragazzo è diventato un pulcino bagnato, - disse l'Orbo. Ma ei non dava retta. All'Orbo, che lo stuzzicava più davvicino, gli diede una gomitata che quasi lo faceva ruzzolare nel fossato.
      In casa aiutava al negozio delle donne. Si alzava di notte, per scaricare i carri degli ortolani, rizzava il banco, accendeva il caldaro per le bruciate. Più tardi scambiava delle barzellette coi banchi vicini, giuocava di mano colle servotte, pispolava alle ragazze che passavano. Poi sbadigliava e si stirava le braccia. Ogni giorno leticava colla sorella che gli lesinava il soldo per la pipa.
      - Gli serve per quelle donnacce di via Pantano, che gli fanno pissi pissi dietro le persiane! - borbottava la Barberina. Ella non avrebbe dato un cavolo a credenza neppure al sor Domenico, il vinaio lì sulla cantonata, che era un uomo stagionato e facoltoso, e doveva sposarla. Tutta intenta al suo negozio, quella ragazza! Il sor Domenico stesso, alle volte, si muoveva a compassione del ragazzaccio, e gli dava il soldo ridendo. Tonino, rosso come un pomodoro, lo prendeva perché dovevano essere cognati; ma gli cuoceva dentro, perbacco!
      - Lavora! - gli rinfacciava il sor Mattia. - Fa quello che facciamo noi, poltronaccio! - E non si sarebbe mosso per cento lire dal suo posto, accanto al banco del pizzicagnolo, colle mani in croce sul bastone.
      Gli amici, ogni volta che incontravano Tonino, gli dicevano:


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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