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      - La Carlotta stava sulla sua, in fronzoli, e arricciando il naso a ogni bicchiere, perché c'era il Bobbia presente. Carina, con quella frangia di capelli sul naso! Ma Crescioni aveva il vino cattivo, stava ingrugnato, colle spalle al muro, e tossiva di malumore. - Gli avete portato via l'amante, al Bobbia! O cosa volete d'altro? - gli sussurrò all'orecchio il sor Gostino. Il Bobbia, invece, si sentiva tutto rammollire, e pagava una bottiglia dopo l'altra, senza batter ciglio.
      - Mi rammento - disse alla Carlotta nell'orecchio, - mi rammento quando siamo andati insieme a casa mia, la prima volta -. E Crescioni, con tanto d'occhiacci, cavò fuori il mento dalla sciarpa. Poi la comitiva andò via insieme. Crescioni avanti, colle mani in tasca e annuvolato. Aprì lo sportello e fece passare prima la Carlotta, borbottando:
      - Sto a vedere che mi vuoi fare col Bobbia quel servizio che gli ho fatto io! -
      Il sor Gostino sogghignava pensando: - Questa notte la mi capita in camicia di certo -.
      Al Bobbia raccontava in confidenza come la Carlotta gli piacesse anche a lui, per quel suo fare allegro. - Senza ombra di malizia, veh! - Fortuna che sua moglie stava sempre al primo piano, dal padrone, il quale non gliela lasciava un minuto solo. Se no, gelosa com'era, guai! - Il sor Gostino aveva una paura maledetta della sora Bettina, che l'aveva sposato e innalzato a portinaio perché da quarant'anni lei era tutta una cosa col padrone. Tanto che costui, quando leticavano fra marito e moglie, e si udivano nella corte gli improperi e le parolacce della sora Bettina, si affacciava al balcone, in pantofole, e strillava colla voce catarrosa: - Ohè, Gostino!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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