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      Dalle osterie vicine giungevano allegri il suono delle voci e la canzone del Barbapedana. In fondo al cortile, dietro le pianticelle magre in fila si vedevano saltare e ballare le ragazze scapigliate. E quando il carro che portava i resti del suicida passò sotto le finestre illuminate, queste si oscurarono subito dalla folla dei curiosi che s'affacciavano per vedere. Dentro, l'organetto continuava a suonar il valzer di Madama Angot.
      Più tardi se ne seppe qualche cosa. La affittaletti di Porta Tenaglia aveva visto arrivare quell'uomo della barba rossa una sera che pioveva, era un mese, stanco morto, e con un fardelletto sotto il braccio che non doveva dargli gran noia. Ed essa glielo aveva pesato cogli occhi per vedere se ci erano dentro i due soldi pel letto prima di dirgli di sì. Egli aveva domandato prima quanto si spendeva per dormire al coperto. Poi ogni giorno che Dio mandava in terra aspettava che gli arrivasse una lettera, e si metteva in viaggio all'alba, per andar a cercare quella risposta, colle scarpe rotte, la schiena curva, stanco di già prima di muoversi. Finalmente la lettera era venuta, col bollino da cinque. Diceva che nell'officina non c'era posto. La donna l'aveva trovata sul materasso, perché lui quel giorno era rimasto sino a tardi col foglio in mano, seduto sul letto, colle gambe ciondoloni.
      Nessuno ne sapeva altro. Era venuto da lontano. Gli avevano detto: - A Milano, che è città grande, troverete -. Egli non ci credeva più; ma s'era messo a cercare finché gli restava qualche soldo.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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