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      Poscia accorse nella camera della figlia, convulsa. Bice era supina sul letto, bianca, estenuata, con gli occhi socchiusi e ancora umidi, e i denti stretti dall'angoscia. La madre si sentiva dentro di sé questo ruggito:
      - Voi me l'avete uccisa voi! -
      Venne il giorno del battesimo, nella chiesa tutta scintillante di lumi. La contessa aveva poi consentito a fare da madrina. Se alle volte usciva in qualche stranezza, dovevano accusarne lo stato di salute della povera nonna; diceva sorridendo: - Anche le nonne hanno dei nervi! - Quando le tolsero di dosso la pelliccia, sotto i merletti e i diamanti dell'abito di gala, parve di vedere uno spettro. Gli omeri aguzzi mal dissimulati, e gli occhi arsi di febbre, in fondo alle occhiaie livide, sul volto solcato. La bambina fu battezzata Carlotta Danei.
     
      Bice andava rimettendosi lentamente. Era un organismo delicato che vibrava al minimo urto. Nei lunghi giorni di convalescenza le venivano dei pensieri neri, degli impeti di irritazione sorda ed ingiusta, degli scoramenti improvvisi, come se tutti l'abbandonassero. Allora guardava muta, cogli occhi neri, e diceva al marito con un accento indefinibile:
      - Perché esci? Dove vai? Perché mi lasci sola? -
      La sera del battesimo, al vedere i pizzi e i diamanti della mamma, aveva mormorato, stringendosi nelle coperte, aggrottando le ciglia, con uno strano accento di rancore quasi selvaggio:
      - Come sei bella! -
      E poi, una volta, nella febbre, con gli occhi accesi: - Quando partirai? -
      Roberto abbassava il capo, e la contessa si sentiva soffocare.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





Carlotta Danei