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      - Ora chi mi paga? - domandò infine la Gagliana.
      - Non dubitate, che sarete pagata, - rispose il poveraccio più morto che vivo. - Venderò il mulo, se così vorrà Dio, e vi pagherò, sorella mia! -
      Com'era un bel giorno di Natale, col sole che veniva fin dentro la stalla, e le galline pure, a beccare qualche briciola di pane, la gente che era stata a sentir messa a Primosole si fermava a bere un sorso a metà strada, vedendo compare Cosimo sul pagliericcio dello stallatico, volevano sapere il come ed il perché. Poi davano un'occhiata ai muli in fondo alla stalla. L'oste li faceva vedere, fiutando la senseria:
      - Belle e buone bestie! Quiete come il pane! Un affare d'oro per chi le compra, se compare Cosimo, Dio liberi, rimane storpio -.
      Il baio voltava indietro il capo come se capisse, colla sua boccata di fieno in aria.
      - No, no, ancora non sono in questo stato! - lagnavasi compare Cosimo dal fondo del suo giaciglio.
      - Diciamo così per dire, compare Cosimo, state tranquillo. Nessuno vi vuol toccare la roba vostra, se non volete voi. Qui c'è paglia e fieno per i vostri muli, e potete tenerceli cent'anni -.
      Lo sventurato pensava a quello che si sarebbero mangiati i muli, di fieno e di stallaggio, e lamentavasi:
      - Stavolta non gliela faccio più la dote per la mia bambina che mi è nata adesso!
      - Ora gli si manda la notizia, a vostra moglie. La prima volta che lo zio Mommu andrà a Licodia per vendere la sua roba -.
      Così lo zio Mommu portò la brutta notizia alla moglie di compare Cosimo, masticando le parole, e dondolandosi ora su di una gamba e ora sull'altra, che alla prima non si capiva nulla, nella casa piena di vicine, mentre si aspettava il marito pel battesimo.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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