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      - Sì, ora che sei in tempo... Devi pensarci finché sei giovane... Poi, quando sarai vecchio... e solo... come farai? -
      Il fratello, sentendosi vincere dalle lagrime, conchiuse, per tagliar corto:
      - Non è tempo di parlarne adesso! -
     
      Però essa ritornava spesso sullo stesso argomento.
      - Se trovassi una bella giovinetta, ricca, istruita, di buona famiglia, che facesse per te... -
     
      E una sera che si sentiva peggio torno a parlargliene ancora, coll'inquieto cicaleccio proprio del suo stato.
      - No, lasciami dire, ora che ho un po' di fiato. Non posso permettere che ti sacrifichi per tenermi compagnia... tutta la tua giovinezza... Una buona dote non può mancarti. E se lasci la scuola, tanto meglio. Vivremo tutti insieme; faremo una casa sola. Uno stanzino mi basterà, purché sia molto arioso. Vorrei che fosse verso il giardino. Della strada non so che farmene, oramai... Ho sempre desiderato di vedere il cielo, stando in letto... e del verde, degli alberi... come, per esempio, averci una finestra là dove c'è ora la cortina, una finestra che guardasse nei campi... -
      Si udiva la pioggia che scrosciava nel cortiletto, una di quelle piogge che annunziano l'autunno, e la pentola di latta, lasciata fuori, che risonava sotto la grondaia. Un gatto, nella bufera, chiamava ai quattro venti, con voce umana.
      Il maestro, che aveva seguìto il vaneggiare della sorella verso il verde ed il sole, coll'allucinazione perenne che era in lui, le chiese affettuosamente:
      - Ora che viene l'autunno saresti contenta d'andare in campagna?


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993