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      A Torre del Grifo scaricavano carrate intere di assi e di tavole sulla piazzetta, per le baracche dei fuggiaschi. Le pompe d'incendio tornavano indietro di gran trotto, col fracasso di carri d'artiglieria; e in alto, dirimpetto, il vulcano tenebroso, dietro un gran tendone di cenere, lanciava in aria, con un rombo sotterraneo, getti di fiamme alti cinquecento metri.
      All'ingresso del paesetto era un ingombro straordinario di carri, cavalli, gente che gridava, e soldati col fucile ad armacollo, quasi l'avanguardia di un esercito in rotta. Si camminava su di una sabbia nera, fra due file di case smantellate, irregolari, cogli usci e le finestre divelte. La gente ancora affaccendata a portare via roba. Dal balcone di una casa nuova calavano gridando - Largo! - un armadio monumentale. Una vecchierella stava a custodia di alcune galline, seduta su di un cesto, in un cortile ingombro di doghe e cerchi di botte. E qua e là, sulle porte senza uscio, vedevasi qualche povero diavolo che voltava le spalle alle stanzucce nude, aspettando colle mani in mano e il viso lungo, in silenzio, come nell'anticamera di un moribondo. Sul marciapiede del casino di compagnia erano schierate su due file di sedie alcune signore venute a vedere lo spettacolo, che si facevano vento, degli uomini che fumavano, un sorbettiere portava in giro dell'acqua fresca, il baldacchino del Santissimo appoggiato al muro, colle aste in fascio, e di faccia la chiesa spalancata, senza lumi, solo un luccichìo di santi dorati in fondo all'altare in lutto.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





Torre Grifo Santissimo