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      L'altro zitto, a capo chino. - Buona sera, buona sera. - Aspetti, aspetti. L'accompagno sino all'uscio, di sopra. Non voglio che salga le scale così al buio e tutta sola. Ora accendo un cerino. - No, no, ci son le stelle -. Delle stelle lucenti che scintillavano sui tetti, attraverso i finestroni ad arco, ogni ramo di scala - sei rami. Anna Maria, di già stanca, s'era appoggiata al muro, proprio accanto al finestrone, col fiato ai denti. - Ah! le mie povere gambe! - Egli sempre zitto, guardandola nella poca luce che lasciava vedere soltanto il musetto pallido e gli occhi lucenti. - Che fatica! Una giornata intera! Dev'essere molto tardi. Guardi quante stelle! - Batteva un po' la campagna anche lei, poveretta, per sfuggire a quel silenzio. Ma lui non rispondeva ancora. - Bella sera! Non è vero? - Allora egli le prese la mano e balbettò con voce mutata: - Se crede che abbia capito quel che m'ha detto, sa!... - E anche lei fu vinta da una gran dolcezza, da un grande abbandono. Gli lasciò la mano nella mano e chinò il capo sul petto.
      Quest'altro aveva le mani bianche e pulite di uno che non fa nulla, i capelli lisci, la pelle fine, certe garbatezze d'anticamera che l'accarezzavano. Lo vedeva ogni giorno, l'aspettava alla porta, si lasciava condurre la domenica a desinare in campagna, alla stessa tavola, sotto il pergolato, colle ragazze che schiamazzavano sull'altalena, e gli avventori che giocavano alle bocce. Avevano passeggiato insieme per quella stradicciuola fangosa, sotto i pioppi, stringendosi l'uno all'altro, nella sera che li celava.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





Maria