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      - Stai tranquilla, che ci penso io! -
      La notte stessa vennero le guardie ad arrestare il Bulo, e misero sottosopra tutta la casa, rimovendo perfino i mattoni del pavimento per vedere quel che c'era sotto. Il Bulo, mentre lo menavano via ammanettato, le lasciò detto per ultimo addio:
      - Salutami il compare, e digli che ci rivedremo al mio ritorno -.
      Il giorno dopo arrivò il Crippa, fresco come una rosa. La Lena, che aveva qualche sospetto, non seppe nascondergli la brutta impressione. Però egli si scolpò subito giurando colle braccia in croce. Due giorni dopo arrestarono anche lui, come complice del Bulo, mettendoli a confronto l'uno con l'altro. Ma prove non ce n'erano; il Crippa dimostrò ch'era innocente come Dio, e per ribattere l'accusa spiattellò innanzi ai giudici la storia della comare, un tiro che cercava di giocargli il marito per gelosia. - Pelle per pelle, cara mia!... - disse poi alla Lena. - Da mio compare non me l'aspettavo questo servizio!... Quante ne ho passate, vedi, per causa tua!... -
      Ormai non c'era più rimedio. Tutto il paese lo sapeva. Perciò ella si mise col Crippa apertamente.
      E si rammentava anche di questo - che un giorno, dopo che gli si era data tutta, anima e corpo, dopo che per amor suo aveva sofferto ogni cosa, la fame, gli strapazzi, la vergogna del suo stato, dopo che per lui era arrivata a vendere sin la lana delle materasse, il bell'Armando l'aveva piantata per correre dietro a una stracciona che gli spillava quei pochi soldi strappati a lei. E quando, pazza di dolore e di gelosia, cercava di trattenerlo, cogli occhi arsi di lagrime, dicendogli: - Guarda, Mando!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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