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      - Guardate cosa m'ha fatto, quell'assassino!
      - Ehi, ehi, Carmine, cosa le hai fatto a tua zia, birbante?
      - Perché non lo cacciate via a pedate quel fannullone?
      - Eh, eh, bisogna averci un uomo in casa, ora che sono inchiodato al letto.
      - Vedrete! vedrete! Un giorno o l'altro vi fa fare la morte del topo, per non lasciarvi il tempo di rifare il testamento. Vi dà il tossico, com'è vero Dio!
      - O tu che ci stai a fare allora, se non mi guardi la pelle e i tuoi interessi? -
      Sempre quell'affare del testamento, che Carmine n'era contento, così come gli aveva detto lo zio, e la moglie no; e Nanni Volpe fra i due non trovava modo di rifarlo, diceva ogni volta che si sentiva peggio; sicché Raffaela, al veder che se ne andava di giorno in giorno, ormai tutto una cosa gialla col berretto di cotone, si mangiava il fegato dalla bile, e si sentiva male anche lei, tanto che infine glielo disse chiaro e tondo in faccia a Carmine stesso, il quale stava imboccando lo zio col cucchiaio in una mano e reggendogli il capo coll'altra.
      - Fate bene a tenervi così caro il sangue vostro, perché non sapete il bel servizio che v'ha reso vostro nipote! -
      Carmine voleva romperle sul muso la scodella e il candeliere; ma il vecchio, agitando due o tre volte adagio adagio il fiocco del berretto, disse:
      - Sì, sì, lo so -.
      Così se ne andò all'altro mondo, pian pianino e servito come un principe. Quando Carmine volle cacciar via a pedate Raffaela dalla casa, che oramai doveva esser di lui solo, fece aprire il testamento, e si vide allora quant'era stato furbo Nanni Volpe, che aveva canzonato lui, la moglie e anche Cristo in paradiso.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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