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      - Si pigliava alla porta quel che si poteva: un baiocco, delle fave, qualche manciata di ceci anche. I ragazzi gratis. Fino alla sera, tardi, ci fu ressa dinanzi alla baracca, sotto il gran lampione rosso che chiamava gente da lontano. Amici e conoscenti si vociavano da un capo all'altro del Prato della Fiera; si scambiavano i frizzi salati e le parolacce come dentro avevano fatto Pulcinella e la Colombina. Nessuno pensava più al castigo di Dio che avevano addosso.
      Ma la notte - ci volevano più di due ore alla messa dell'alba - tac tac, vennero a chiamare in fretta lo speziale. - Presto, alzatevi, don Ramondo, ché dai Zanghi hanno bisogno di voi! - Il poveraccio non riusciva a trovare i calzoni al buio, in quella confusione. Zanghi, steso sul letto, freddo, colla barba arruffata, andava acchiappando mosche, colle mani fuori del lenzuolo, le mani nere, gli occhi in fondo a due buchi della testa. Sua moglie seminuda, coi capelli sulle spalle, tutta gonfia e arruffata anche lei come una gallina ammalata, correva per la stanza, cercando di aiutarlo senza saper come, coi figliuoli che le strillavano dietro. - Dottore! dottore! Cos'è? che ve ne pare? - Don Ramondo non diceva nulla: guardava, tastava, versava la medicina nel cucchiaio, colle mani tremanti, la boccetta che urtava ogni momento nel cucchiaio, e faceva trasalire al tintinnìo. E il malato pure, colla voce cavernosa, che sembrava venire dal mondo di là, balbettando: - Don Ramondo! Don Ramondo! Che non ci sia più aiuto per me? fatelo per questi innocenti, ché son padre di famiglia!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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