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      Per altro m'ero proposto di essere prudente ed audace come un vero innamorato. E contavo sul gran da fare che c'era al Comando, appunto per quella benedetta partenza. La sera, appena sbirciai il mio superiore che svoltava l'angolo della piazza... - due ore di guardia col naso incollato ai vetri del Caffè d'Europa, amici miei, temendo ogni momento di veder capitare Alvise, che volentieri avrei voluto sapere a casa, magari agli arresti, magari colla febbre. - Vedevo il mio amico in ogni soprabito gallonato che incontravo, lungo la strada, rasente al muro, e il cuore mi batteva un po'... Quando fui poi in via Partenope... Il cerbero che custodiva la porta della signora Ginevra mi lasciò passare senza alzare gli occhi dal Pungolo, o credette forse che venissi per un affare di servizio, o si lasciò ingannare dalla somiglianza dell'uniforme... prendendomi per quell'altro... Sì in quel momento mi faceva un certo effetto di esser scambiato con un altro. Pensavo ad Alvise, che andava e veniva senza tante difficoltà, e che sarebbe rimasto a Napoli!...
      Entrava appunto un bel chiaro di luna dai finestroni colorati, e passava per la strada il ritornello della canzone in voga che solevano suonare allo Châlet. Tutte le piccole seduzioni che vi formano le grandi, sapete!... Avevo il cuore alla gola nel bussare all'uscio della signora Ginevra, forse perché ella stava al terzo piano... o perch'ero giovanissimo allora... Il fatto è che mi sentii penetrare lo squillo acuto e vibrante del campanello sino al cuore, come un sussulto, come una puntura, direi, ripensando ad Alvise.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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