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      .. per la vostra sicurezza...
      - Vi ringrazio. Avete ragione -.
      Adesso rimanevano in silenzio l'uno rimpetto all'altra, imbarazzati e quasi cerimoniosi. Talché lei, buona in fondo, se ne avvide, e volle togliersi i guanti e la veletta, per compiacenza, cercando ove posarli. Poi, a buon conto, cacciò ogni cosa nel manicotto, che si tenne in grembo.
      - Scusatemi, Alvise... Vi sembrerò strana... Sono tutta... così... -
      Alvise continuava a tacere, seduto di faccia a lei, guardandola fissamente, tristamente. E nei suoi occhi un sentimento nuovo, una grande amarezza balenava. Infine, con voce mutata, nella quale tradivasi suo malgrado quell'angoscia, le disse:
      - Ahimè, Ginevra... siete come una che non ama più! -
      Anch'essa allora alzò gli occhi splendenti, guardandolo fisso, con un sorriso amaro all'angolo della bocca.
      - Avete ragione a dirmi ciò... adesso... e qui!...
      - Ah! Non vedete quanto soffro? Non sentite che vi amo come un pazzo? Non avete indovinato tutte le torture?... -
      Vinto dalla commozione, dal desiderio, dalla passione, si lasciò trascinare a dirle tutto: le angosce, i palpiti, il dubbio, le notti passate sotto le sue finestre, la febbre che gli metteva addosso solamente quella breve striscia del suo polso nudo, i castelli in aria, i sogni, le follie... tutto, tutto, proprio come un bambino: l'abbandono intero che tanto piace alle donne. Essa gli posò infatti le mani sui capelli, quasi per accarezzarlo, commossa di vedersi ai piedi la forte giovinezza di quel fanciullo di trent'anni, come abbandonandosi anche lei, per riconoscenza.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





Alvise Ginevra