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      ... per carità... -
      Cercò di fargli intendere ragione, di farlo rientrare in se stesso, quel gran fanciullone, proprio colle buone, con dolcezza, abbandonandogli le mani anche, purché non ne parlasse più... Egli non ne parlava più infatti, baciava e ribaciava quell'epidermide fine e profumata, risalendo lungo il braccio, sollevandosi sulle ginocchia.
      Allora la bella Ginevra tornò ad avere la paura di prima.
      - Badate, Alvise!... Siete proprio sicuro che nessuno m'abbia vista?... Voglio dire che nessuno abbia potuto vedermi... mentre venivo?...
      - Ma... certamente...
      - Perché... m'è sembrato che qualcuno mi seguisse... una carrozzella, sì... dalla Villa sino a Foria... E anche nel salir la scala... Lui non pareva risolversi ad uscire. M'ha chiesto se andavo al concerto... Siete sicuro della gente di questa casa?
      - Sicurissimo... Chi volete... Nessuno vi conosce... -
      Alvise non connetteva più, dal momento che quella manina gli si era posata sulla bocca. Cercava le parole, balbettava, tentava di rifarsi al punto di prima e di riguadagnare il tempo perso, indispettito di vederselo fuggire a quel modo, stupidamente, dopo tanti ostacoli e tante difficoltà per trovarsi un'ora insieme!... Ma lei però aveva il coraggio di pensare a tante altre cose in quel momento; badava a difendere la sua veletta e il manicotto!...
      - No... davvero... Alvise... Ho paura!...
      - Ah, sì!... la carrozzella... Foria... la scala!...
      - Ecco! - rispose lei corrucciata. - Ecco come siete!
      - Ma io sono come uno che ama, cara mia!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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