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      Tutt'a un tratto si fece proprio cadaverica in volto, cercando di rizzarsi sulla vita, balbettando:
      - No... più tardi... più tardi... Non mi fate questi discorsi... Non mi fate morir di spavento... Andatevene, zia!... andatevene!... Più tardi poi... -
      La beghina se ne andò finalmente, stringendosi nelle spalle, brontolando delle parole oscure, accennando col capo al marito di donna Vittoria che aspettava all'uscio, sbigottito anche lui. L'inferma gli fece cenno d'accostarsi, interrogandolo cogli occhi ansiosi, con un'espressione di rancore pure, in fondo a quegli occhi atterriti, chiedendogli perché avessero lasciata entrare quella donna... perché?... perché?... La voce le si era mutata a un tratto, come il viso, come gli occhi che fissava in volto a tutti quanti e domandavano ansiosi: - Sto proprio così male?... Cosa ha detto il medico?... Perché non mandate a chiamare il medico? - Ad un tratto si abbandonò sul letto supina, con un terrore immenso nel viso. - Ah... Dio mio!... così presto!... -
      Il triste annuncio giunse di buon'ora al Circolo. Ginoli teneva banco, aspettando che fosse l'ora d'andare a far visita in casa Delfini, come al solito, quando il duca d'Orezzo, che aveva preso posto fra i giuocatori un momento prima, ripeté la frase che correva da una settimana sulla bocca degli amici: - La povera donna Vittoria!... - stavolta in tal tono che tutti quanti levarono il capo. Ginoli aveva voltato un nove. Allora gli stessi tornarono a chinarsi sulle carte, rannuvolati.
      - Pur troppo!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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