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      Sì, sì, lo so, sono molto colpevole. Non merito il perdono. Ditemelo, ma ditemelo voi stessa. Sono otto giorni che ho fatte le valige, e che aspetto una vostra parola, dura, assai dura, che mi dica di venirmi a chiedere perdono. Pensare che forse eravate sola a San Remo, e che avreste lasciato l'uscio socchiuso... Ah, come darei della testa nella parete! Sono stato peggio di colpevole: sono stato uno sciocco. Non ci cascate anche voi, se mi amate ancora, per picca, per dispetto. Pensate che potremmo vederci, soli, dirci colla bocca tutto ciò che ci siamo detto quella sera alla Fenice col cannocchiale! Vi dico delle cose pazze. Sono pazzo, vi giuro...
     
     
      Sorrento, 16 aprile
     
      GIACINTO supplica e scongiura a mani giunte VIOLA di fargli avere un rigo, una parola, qualunque sia, perché il silenzio implacabile di lei gli mette addosso tutte le febbri.
     
     
      Sorrento, 29 aprile
     
      Sentite, non ne posso più. Aspetterò qui la vostra lettera sino a domani. Domani, ultimo giorno d'aprile, non so quel che farò. Vi amo, vi amo, mi sento morire un'altra volta. Fatelo per pietà almeno, VIOLA! Stanotte ho tossito di nuovo e ho avuto la febbre.
     
     
      Sorrento, 8 maggio
     
      Ah, che siate proprio tale quale vi avevo giudicata! senza cuore, senza spirito, senz'altro che lo spumeggiare delle vostre trine e lo scintillìo dei vostri diamanti, frivola e dura altrettanto! Vi odio, vi detesto! Voi mi fate morire, consunto da questa febbre che mi avete messa nel sangue, maledetta! Tenetevi il duca che v'insulta co' suoi doni. Tenetevi Giuliano, che si ride di voi.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
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