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      - Ma il ballo nuovo del cavalier Giammone non me lo porta via, no! - giurò a se stessa la bella Leda.
      Da un mese, Barbetti e tutti gli altri giornalisti che vendono l'anima a chi li paga, non facevano altro che rompere la grazia di Dio ad artisti ed abbonati con quel nome della Noemi stampato a lettere di scatola. Già erano in tanti a far la spesa degli articoli, i protettori della casta vergine! Ma il ballo nuovo del cavalier Giammone non l'avrebbe avuto, no!
      Il cavaliere stava appunto parlandone coll'impresario, chiusi a quattr'occhi, dinanzi al piano del Gran Poema storico-filosofico-danzante, sciorinato sulla tavola, allorché capitò all'improvviso la signora Leda, in gran gala, e col fiato ai denti.
      - Cavaliere mio!... scusatemi!... Non si parla d'altro sulla piazza!... Sarà un trionfo, vi garantisco!... Lasciatemi vedere...
      - Ah! - sbuffò il coreografo colto sul fatto. - Oh!... -
      E si buttò sulle sue carte, quasi volessero rubargliele. L'impresario, dal canto suo, diede una famosa lavata di capo al povero tramagnino che stava a guardia dell'uscio.
      - Ho dato ordine di non essere disturbato, quando sono in seduta! Nessuno entra senza essere annunziato!... -
      Dopo tanti anni che le porte si spalancavano dinanzi a lei, e gli impresari le venivano incontro col cappello in mano! Se non la colse un accidente, fu proprio un miracolo. Barbetti, che la incontrò all'uscita così rossa e sconvolta, non poté tenersi dal dirle ridendo:
      - Come va, bellezza?
      - Senti! - rispose lei, fuori della grazia di Dio davvero; - senti, faresti meglio a stare alla porta della Noemi, per vedere chi va e chi viene, giacché fai quel bel mestiere!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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