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      Una sera poi l'appostò al cancello del podere, che tornava tardi dalla cerca e non passava un cane, e lo strinse proprio colle spalle al muro: - Dopo averla messa in quello stato - né vedova né maritata! - E tutto quello che aveva fatto per lui! - Le legnate che s'era prese! - Sissignore! Eccole qua! - Quasi quasi si spogliava lì dov'era, dietro la siepe. La siepe fitta, l'ora tarda, sulla strada che non passava un cane... San Francesco glorioso, se Vito Scardo tenne duro come Giuseppe Ebreo, fu tutto merito vostro. - Sorella mia - rispose lui - sorella mia, in galera si va e si viene, ma se mi scacciano dal convento cosa fo, ditelo voi? -
      E lo disse anche al Padre Guardiano, a titolo di confessione - la carne - il demonio. - La sai più lunga di lui! - pensò il guardiano. Ma dovette chinare il capo anche stavolta, toglierlo dalla cerca e metterlo ai servizi interni del convento. Vito, contentone, badava a far la sua strada. Un colpo al cerchio, un colpo alla botte, barcamenandosi fra questo e quell'altro, che il convento è come un piccolo mondo, e le nimicizie covano anche fra i seni di Dio. Quando s'accapigliavano fra di loro, e volavano le scodelle, lui orbo e sordo. A tempo e luogo poi lisciare i pezzi grossi pel verso del pelo, e pigliare ciascuno pel vizio suo, fra Serafino col tabacco buono di Licodia, fra Mansueto chiudendo un occhio in portineria, il Padre Lettore a colpi d'incensiere. - Ah, che grazia v'ha fatto il Signore! Quante cose sapete, vossignoria! - Figliuol mio, ho sudato sangue.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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