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      Io non avevo nessuno al mondo, soltanto quei quattro sassi al sole, la casa, l'orto, lì proprio sulla strada, con tanti soldati che passavano - chi li diceva dei nostri - chi di quegli altri - ciascuno che voleva mangiarsi il mondo - certe facce! Cosa avreste fatto? Rimasi a guardia della mia casa, lì accanto, seduto sul muricciuolo. - A svignarsela, poi, c'è sempre tempo - pensai. Intanto passa un'ora, ne passano due. I nostri avevano tirato dei cannoni sin lassù sulla collina, in mezzo alle vigne. Figuratevi il danno! A un tratto giunge uno a cavallo, tutto arrabbiato, che pareva volesse mangiarsi il mondo anche lui - uno di quelli che insegnano a farsi ammazzare agli altri - e si mette a gridare da lontano. Allora uomini, cannoni, muli, via a rompicollo dall'altra parte; povere vigne! Però stavolta quello del cavallo aveva pure la testa fasciata; segno che si picchiavano diggià, in qualche luogo. Però non si vedeva nulla ancora, dalle nostre parti. Il paese quieto, la via deserta, la città che pareva tranquilla anch'essa, come se non fosse fatto suo, sdraiata in riva al mare, laggiù, e le fregate che andavano e venivano innanzi e indietro, fumando. - Questa è l'ora d'andare a mangiare un boccone, - dico io, dall'alba che stavo piantato lì come un minchione.
      In quella si mette a tuonare, lassù nella montagna. Uno, due, tre, infine un temporale a ciel sereno, in quella bella giornata di Venerdì Santo che dovevano succedere tanti peccati. - Buono! Addio voglia di mangiare un boccone!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





Venerdì Santo