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      Fece nascondere nella vecchia sepoltura, là sotto il pavimento della chiesa, il sacrestano e due o tre altri, cui aveva prima insegnato la parte, e poi disse: - Lasciate fare a me -.
      Cadeva giusta la predica dell'Inferno, in fine degli esercizi spirituali, e la chiesa era piena zeppa di gente, chi per un verso e chi per un altro, chi per ordine del giudice (che a quei tempi il timor di Dio s'insegnava colla sbirraglia) e chi per amor della gonnella. Gli uomini a sinistra, da una parte, e le donne dall'altra. Il predicatore montato sul pulpito dipingeva al vivo l'inferno, come se ci fosse stato. E poi a ogni tratto tuonava, con un vocione spaventoso: - Guai! Guai! -
      Come tante cannonate. Le donne raccolte in branco dentro il recinto a destra della navata, chinavano il capo sgomente, a ogni colpo, e lo stesso don Gennaro Pepi, ch'era don Gennaro Pepi! si picchiava il petto in pubblico, e borbottava ad alta voce: - Pietà e misericordia, Signore! -
      Ma c'era poco da fidarsi, perché ogni giorno, prima di scorticare il prossimo a quattr'occhi, don Gennaro Pepi tornava a mettersi in grazia di Dio, andando a messa e a confessione, e quanti erano alla predica poi, si sapeva che sarebbero tornati a fare quel che avevano fatto sempre.
      - Guai a te, ricco Epulone, che ti sei ingrassato col sangue del povero! - E tu, Scriba e Fariseo, spogliatore della vedova e dell'orfano... -
      Questa era pel notaio Zacco. E ce n'era per tutti gli altri: pel barone Scampolo che aveva una lite coi reverendi padri cappuccini; per don Luca Arpone, il quale viveva in concubinato colla moglie del fattore; pel fattore che si rifaceva alla sua volta sulla roba del padrone; pei libertini che congiuravano contro i Borboni nella farmacia Mondella; per tutti quanti insomma, poveri e ricchi, ragazze e maritate, che ciascuno nel paese conosceva le marachelle del vicino, e diceva in cuor suo: - Meno male che tocca a lui!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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