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      Ella disse di sì col capo, e Nunziata intanto era corsa a schiumare la pentola che riversava, da quella brava massaia che era.
      — Così son contento, che posso dirvi addio anche a voi! disse Alfio.
      — Sono venuta a salutarvi, — disse lei, e ci aveva il pianto nella gola. — Perché ci andate alla Bicocca se vi è la malaria?
      Alfio si mise a ridere, anche questa volta a malincuore, come quando era andato a dirle addio. — O bella! perché ci vado? e voi perché vi maritate con Brasi Cipolla? Si fa quel che si può, comare Mena. Se avessi potuto fare quel che volevo io, lo sapete cosa avrei fatto!… — Ella lo guardava e lo guardava, cogli occhi lucenti. — Sarei rimasto qui, che fino i muri mi conoscono, e so dove metter le mani, tanto che potrei andar a governare l'asino di notte, anche al buio; e vi avrei sposata io, comare Mena, ché in cuore vi ci ho da un pezzo, e vi porto meco alla Bicocca, e dappertutto ove andrò. Ma questi oramai sono discorsi inutili, e bisogna fare quel che si può. Anche il mio asino va dove lo faccio andare.
      — Ora addio, concluse Mena; anch'io ci ho come una spina qui dentro… ed ora che vedrò sempre quella finestra chiusa, mi parrà d'avere chiuso anche il cuore, e d'averci chiusa sopra quella finestra, pesante come una porta di palmento. Ma così vuol Dio. Ora vi saluto e me ne vado.
      La poveretta piangeva cheta cheta, colla mano sugli occhi, e se ne andò insieme alla Nunziata a pianger sotto il nespolo, al chiaro di luna.
     
     
      CAPITOLO IX
     
      Né i Malavoglia, né alcun altro in paese sapevano di quel che stavano almanaccando Piedipapera collo zio Crocifisso.


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I Malavoglia
di Giovanni Verga
pagine 309

   





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