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      Però comare Venera aveva dichiarato: — Prima che mia figlia vada a dormire nella stanza dei colombi bisogna sapere a chi resta la casa, e voglio stare a vedere dove finisce questo affare dei lupini.
      Andava a finire che Piedipapera stavolta voleva essere pagato, santo diavolone! San Giovanni era arrivato, e i Malavoglia tornavano a parlare di dare degli acconti, perché non avevano tutti i denari, e speravano di raggranellare la somma alla raccolta delle ulive. Lui se l'era levati di bocca quei soldi, e non aveva pane da mangiare, com'è vero Dio! non poteva campare di vento sino alla raccolta delle ulive.
      — A me mi dispiace, padron 'Ntoni; gli aveva detto: ma che volete? Bisogna che pensi ai miei interessi. San Giuseppe prima fece la sua barba e poi quella di tutti gli altri.
      — Presto compie l'anno! aggiungeva lo zio Crocifisso, quand'era solo a brontolare con compare Tino — e non si è visto un grano d'interessi — quelle duecento lire basteranno appena per le spese. Vedrete che al tempo delle ulive vi diranno di aspettarli sino a Natale, e poi sino a Pasqua. Così vanno in rovina le case. Ma io la roba mia l'ho fatta col sudore della fronte. Adesso uno è in paradiso, l'altro vuole la Zuppidda; non possono menare innanzi quella barca rotta, e cercano di maritare la ragazza. Costoro non pensano ad altro che a maritarsi; hanno la rabbia, come mia nipote la Vespa. Adesso che Mena si marita, vedrete che compare Mosca torna qui, per chiapparsi la chiusa della Vespa.
      In conclusione se la prendevano coll'avvocato, il quale non finiva mai di scrivere le sue carte prima di mandare l'usciere.


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I Malavoglia
di Giovanni Verga
pagine 309

   





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