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      — Non è nulla, venne a dire don Franco; gli abbiamo fatta la fasciatura; ma se non viene la febbre, se ne va.
      Piedipapera volle andare a vedere anche lui, perché era di casa, e padron Fortunato, e chi d'altri poté entrare, a furia di gomitate.
      — La faccia non mi piace niente affatto! sentenziava padron Cipolla scrollando il capo; come vi sentite, compare 'Ntoni?
      — Per questo padron Fortunato non gli ha voluto dare il figlio alla Sant'Agata, diceva intanto la Zuppidda, che l'avevano lasciata sulla porta. Ha il naso fine quell'omaccio!
      E la Vespa soggiungeva:
      — «Chi ha roba in mare non ha nulla». Ci vuole la terra al sole, ci vuole.
      — Che notte è venuta pei Malavoglia! esclamava comare Piedipapera.
      — Avete visto, che tutte le disgrazie in questa casa arrivano di notte? osservò padron Cipolla, uscendo dalla casa con don Franco e compare Tino.
      — Per buscarsi un pezzo di pane, poveretti! aggiungeva comare Grazia.
      Per due o tre giorni padron 'Ntoni fu più di là che di qua. La febbre era venuta, come aveva detto lo speziale, ma era venuta così forte che stava per portarsi via il malato. Il poveraccio non si lagnava più, nel suo cantuccio, colla testa fasciata e la barba lunga. Aveva solo una gran sete, e quando Mena o la Longa gli davano da bere afferrava il boccale con le mani tremanti, che pareva volessero rubarglielo.
      Don Ciccio veniva la mattina; medicava il ferito, gli tastava il polso, voleva veder la lingua, e poi se ne andava scrollando il capo.
      Una notte persino lasciarono accesa la candela, quando don Ciccio aveva dimenato il capo più forte; la Longa ci aveva messo accanto l'immagine della Madonna, e dicevano il rosario davanti al letto del malato, il quale non fiatava più e non voleva nemmeno dell'acqua, e nessuno andò a dormire, tanto che la Lia si rompeva le mascelle dallo sbadigliare, pel gran sonno.


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I Malavoglia
di Giovanni Verga
pagine 309

   





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