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      — Sono compare Tino, e Rocco Spatu, aggiunse il cieco dopo essere stato attento un altro po'.
      Egli conosceva tutti quelli che passavano, al rumore dei loro passi, fossero colle scarpe o a piedi nudi, e diceva — Voi siete compare Tino, oppure siete compare Cinghialenta. E siccome era sempre là, a dir delle barzellette con questo e con quello, sapeva ciò che accadeva in tutto il paese, e allora per buscarsi quei dodici tarì, come i ragazzi andavano a prendere il vino per la cena, li chiamava — Alessi, o Nunziata, o Lia, — e domandava pure: Dove vai? d'onde vieni? che hai fatto oggi? oppure: L'hai visto don Michele? ci passa dalla strada del Nero?
      'Ntoni, poveretto, finché c'era stato bisogno, era corso di qua e di là senza fiato, e s'era strappati i capelli anche lui. Adesso che il nonno stava meglio, girandolava pel paese, colle mani sotto le ascelle, aspettando che potessero portare un'altra volta la Provvidenza da mastro Zuppiddu per rabberciarla; e andava all'osteria a far quattro chiacchiere, giacché non ci aveva un soldo in tasca, e raccontava a questo e a quello come avevano visto la morte cogli occhi, e così passava il tempo, cianciando e sputacchiando. Quando gli pagavano poi qualche bicchiere di vino, se la prendeva con don Michele, che gli aveva rubata l'innamorata e andava ogni sera a parlare colla Barbara, li aveva visti lo zio Santoro, che aveva domandato alla Nunziata se don Michele ci passava per la strada del Nero.
      — Ma sangue di Giuda! non mi chiamo 'Ntoni Malavoglia, se non mi taglio questo corno, sangue di Giuda!


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I Malavoglia
di Giovanni Verga
pagine 309

   





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