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      Compare Tino, poveraccio, lo afferrava pel giubbone, perché stesse a sentire per forza; gli dava delle scrollate; lo abbracciava stretto per parlargli nell'orecchio. — Sì, siete una bestia se vi lasciate scappare quell'occasione! per un pezzo di pane! padron 'Ntoni la vende proprio perché non può tirare innanzi, ora che suo nipote l'ha piantato. Ma voi potreste darla in mano a compare Nunzio, o al figlio della Locca, che muoiono di fame, e verrebbero a lavorare per niente. Tutto quello che buscheranno ve lo papperete voi. Siete una bestia, vi dico! La barca è ben conservata, come se fosse nuova. Padron 'Ntoni se ne intendeva quando l'aveva fatta fare. Questo è un affare d'oro, come quello dei lupini, sentite a me!
      Ma lo zio Crocifisso non voleva sentir parlare di niente, che quasi quasi gli spuntavano le lagrime, con quella faccia gialla, ora che aveva preso il colèra; e tirava per andarsene, e voleva lasciargli il giubbone nelle mani. — Non me ne importa! ripeteva. Non me ne importa niente. Voi non sapete cosa ci ho qui dentro, compare Tino! Tutti vogliono succhiarmi il sangue come le sanguisughe, e prendersi il fatto mio. Ora v'è anche Pizzuto che corre dietro la Vespa, tutti come cani da caccia!
      — E voi prendetevela la Vespa! O infine non è sangue vostro, lei e la sua chiusa? Non sarà una bocca di più, no! che ha le mani benedette quella donna, e non lo perderete il pane che gli darete da mangiare! Ci avrete una serva in casa, senza darle salario, e vi prenderete anche la chiusa.


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I Malavoglia
di Giovanni Verga
pagine 309

   





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