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      Lia non disse nulla, come non avesse udito, o non gliene importasse niente. Rimase a guardarla cogli occhi sbarrati e la bocca aperta. Infine adagio adagio cadde sulla sedia, e parve che le avessero rotto le gambe in un colpo. Poi, dopo che fu stata un gran pezzo a quel modo, senza muoversi e senza dire una parola, che comare Grazia le gettava l'acqua sulla faccia, cominciò a balbettare: — Voglio andarmene! non voglio starci più qui! — e l'andava dicendo al canterano, e alle seggiole, come una pazza, che invano sua sorella le andava dietro piangendo, — Te l'aveva detto! te l'aveva detto! — e cercava di afferrarla un'altra volta per le mani. La sera, come portarono il nonno sul carro, e Mena era corsa ad incontrarlo, che oramai non si vergognava più della gente, Lia uscì nel cortile e poscia nella strada, e se ne andò davvero, e nessuno la vide più.
     
     
      CAPITOLO XV
     
      La gente diceva che la Lia era andata a stare con don Michele; già i Malavoglia non avevano più niente da perdere, e don Michele almeno le avrebbe dato il pane. Padron 'Ntoni adesso era diventato del tutto un uccellaccio di camposanto, e non faceva altro che andare intorno, rotto in due, con quella faccia di pipa, a dir proverbi senza capo e senza coda: «Ad un albero caduto accetta! accetta!» — «Chi cade nell'acqua è forza che si bagni» — «A cavallo magro, mosche». — E a chi gli domandava perché andasse sempre in giro, diceva che «la fame fa uscire il lupo dal bosco», e «cane affamato non teme bastone»; ma di lui non volevano saperne, ora che era ridotto in quello stato.


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I Malavoglia
di Giovanni Verga
pagine 309

   





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