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      Vi avviso però che parto, ed ho ottenuto d'essere al quartier generale, almeno con probabilità, lo spero. Prima di dirvi come ciò sia accaduto, vi dirò qualche cosa della vita ed osservazioni che ho fatte su questo paese. Sono ammesso in molte case; dove vivo con qualche piacere è da monsignor Crivelli, buon uomo che ha buona tavola, che accoglie bene i suoi patrioti, e si vive con discreta libertà; ha seco due nipoti che hanno buone maniere. Nelle altre case mi annoio, ma ci vado. Generalmente questi signori Austriaci ci guardano come provinciali, come li Inglesi guarderebbero li Americani loro sudditi. Un galantuomo di merito e modesto può guardarsi come perduto, non s'accorgeranno mai che un uomo abbia cognizioni e spirito s'egli medesimo sfrontatamente non glielo ripete, e non conviene ributtarsi per freddezza o sgarbo, ma instare, proseguire, farsi avanti e parlare alto, fermo e decisivo. Io vedo uomini ben da poco, che con questa scuola vengono festeggiati e ben accolti. A me non fa invidia alcuna il loro destino e non comprerò mai le distinzioni con quest'arte. Passerò per un uomo comune, anche meno se si vuole, ma sarò sempre io stesso e non discenderò all'impostura. Ho osservato che in questa città capitale non vi son forestieri di sorte alcuna, se non quelli che per officio o speranza vi soffrono il soggiorno. Nell'Italia, in Toscana, a Napoli, a Roma, e così via, quanti forastieri vi soggiornano per puro genio di vivere in quella società piuttosto che altrove; ma qui vengono Inglesi, Francesi e Italiani per poter dire di esservi stati nei loro viaggi, e dopo pochi giorni se ne vanno.


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Diario Militare
di Pietro Verri
pagine 82

   





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