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      .. cassa, cassa, ipocondria, noia, schiavitù, invidia, rusticità e non altro.
      Pochi giorni dopo che fui all'armata mi raggiunse il mio Federico e mi liberò dal pensiero che avevo, che se frattanto capitava una marcia non solamente dovevo farla a piedi, ma rischiavo perdere la roba mia non avendo cavalli da trasportarla. Privo di cavallo, dovevo in quei giorni fare le cinque o sei miglia a piedi, poiché distante il quartier generale più d'un miglio, vi andavo due volte al giorno se non altro per sentire se si marciava. Avuti i miei cavalli, i quali con Federico avevano fatto un giro cercando l'armata ove non era, ho cominciato a soffrir meno incomodo. Anzi ho abbandonato il quartiere così meschino e discosto, ed ho piantata la mia tenda in vicinanza del signor maresciallo: dormo assai meglio sotto la tenda che in quella puzzolenta stanza che non basta a contenermi ritto in piedi e ove una falange di mosche non mi lasciava quieto. Il giorno 29, secondo il solito, io era dopo pranzo all'anticamera del maresciallo. Egli uscì e tutti gli facemmo seguito a cavallo, si fece un gran giro per visitare il terreno all'intorno ed io non capii nulla, né trovai alcuno che mi sapesse insegnare qualche cosa; a notte ritornai nella tenda e vidi che il mio cameriere aveva già fatto impacchettare il letto e stava per spiantare la tenda. - E perché questo? gli chiesi. - Perché domattina all'aurora si marcia, rispose. - Questo è impossibile, or ora vengo dal quartier generale, nessuno parla o sa di questo.


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Diario Militare
di Pietro Verri
pagine 82

   





Federico Federico